        La disposizione dei cilindri &egrave; forse la caratteristica che, assieme al loro numero, distingue maggiormente i vari modelli di moto e consente di differenziarli uno dall&rsquo;altro. Tralasciando in prima battuta i boxer, che in effetti costituiscono un caso a parte, ci sono fondamentalmente due possibilit&agrave; per quanto riguarda l&rsquo;architettura dei bicilindrici: quella in linea e quella a V. L'angolo tra le valvole | Officina I bicilindrici a V  Nell&rsquo;ambito di quest&rsquo;ultima soluzione, la variabilit&agrave; &egrave; ampia in quanto l&rsquo;angolo tra i due cilindri pu&ograve; variare considerevolmente, cosa che ha una notevole influenza non soltanto sull&rsquo;estetica e sugli ingombri, ma anche sulla sonorit&agrave; dello scarico e sul &ldquo;carattere&rdquo; dell&rsquo;erogazione (o forse sarebbe meglio dire del feeling che viene trasmesso al pilota). Ognuno di questi due schemi ha i suoi punti di forza e le sue limitazioni. Come molti appassionati avranno sicuramente notato, qualche anno fa i bicilindrici di media cilindrata erano quasi tutti a V, mentre in seguito si &egrave; assistito a un forte ritorno dei paralleli (che negli anni Cinquanta e Sessanta, escludendo le realizzazioni americane, avevano dominato la scena). Attualmente il mercato offre di tutto ma tra le medie, oggi comprese tra 400 e 800 cm&sup3; all&rsquo;incirca, sembra prevalere nettamente l&rsquo;architettura in linea. Sui bicilindrici a V si potrebbe scrivere un libro. Nel corso degli anni ne &egrave; stato prodotto un numero impressionante e, per quanto riguarda la tecnica, si &egrave; visto praticamente di tutto. Alcuni modelli sono entrati nella leggenda mentre altri sono rimasti nell&rsquo;ombra ma non per questo sono stati meno interessanti, sotto l&rsquo;aspetto sia tecnico che storico. I primi bicilindrici erano quasi tutti a V. Per realizzarli, in fondo, bastava applicare un secondo cilindro al carter di un normale &ldquo;mono&rdquo;, piazzandolo a una certa distanza angolare dall&rsquo;altro. Il basamento era quasi uguale: due &ldquo;semigusci&rdquo; che si univano secondo un piano verticale a formare una specie di scatola (stiamo parlando degli anni nei quali il cambio era quasi sempre separato). Pure l&rsquo;albero a gomiti differiva ben poco da quello di un monocilindrico. In genere prevedeva due grossi volantini discoidali uniti da un singolo perno di manovella (quasi sempre mediante superfici di accoppiamento troncoconiche e grossi dadi di ritegno). Per l&rsquo;imbiellaggio, assai spesso si adottava lo schema a biella interna e biella esterna (con testa a forchetta, nella quale andava a inserirsi l&rsquo;altra). Questa soluzione &egrave; stata sempre particolarmente cara alla Harley-Davidson, che ha continuato a impiegarla sui suoi bicilindrici a V di 45&deg; anche dopo che essa era scomparsa dalla scena in tutto il resto del Mondo. Meno diffuso era il sistema, che invece da anni viene adottato universalmente, con le teste delle due bielle affiancate. Poco impiegato era lo schema a biella madre e bielletta. Negli anni Venti e Trenta nelle grosse cilindrate erano i bicilindrici a V a dominare la scena. Poi &egrave; entrata in produzione la prima Triumph con due cilindri paralleli progettata da Edward Turner e la situazione &egrave; rapidamente cambiata.  La disposizione dei cilindri in linea  Da allora, e fino alla seconda met&agrave; degli anni Sessanta, il panorama mondiale (eccezion fatta come detto per le Harley e, per breve tempo, per la Vincent) le bicilindriche di alte prestazioni sono state invariabilmente in linea. Il ritorno dell&rsquo;architettura a V si &egrave; avuto con le Guzzi della serie V7 e con le Ducati a L. In entrambi i casi l&rsquo;angolo tra i cilindri era di 90&deg;, ma variava la disposizione (trasversale nel primo caso, longitudinale nel secondo). Nel settore delle medie cilindrate la Morini con la sua 3 &frac12; ha rilanciato una soluzione importante che sembrava dimenticata, quella della V &ldquo;intermedia&rdquo; tra i due schemi classici, che prevedono rispettivamente angoli di 45&deg; e di 90&deg;. Nella moto bolognese era di 72&deg; (questo stesso angolo &egrave; stato impiegato molti anni dopo dalla sfortunata Voxan e dalla formidabile realizzazione Rotax 1125 per la Buell). In seguito hanno avuto grande popolarit&agrave; angoli di 52&deg; (Honda VT 500, Transalp e Africa Twin, apparse negli Anni &lsquo;80), di 60&deg; (Rotax 1000 per l&rsquo;Aprilia RSV, Harley-Davidson VRod e Revolution Max). La KTM ha invece concentrato le sue attenzioni sulla V di 75&deg;. Altri angoli &ldquo;anomali&rdquo; sono stati impiegati da Case come Aprilia (77&deg; nelle 450 e 550 da Fuoristrada), Honda (80&deg; nelle CX 500 e 650) e Yamaha (70&deg; nella XZ 550). Nelle classiche bicilindriche Indian la V era di 42&deg; mentre nell&rsquo;inglese Vincent era di 50&deg; (come nell&rsquo;eccellente Husqvarna da corsa degli anni Trenta). L&rsquo;angolo tra i cilindri ha un&rsquo;influenza fondamentale sull&rsquo;ingombro e sull&rsquo;equilibratura del motore, nonch&eacute; sulla spaziatura delle fasi utili. Per quanto riguarda queste ultime, quando i cilindri sono paralleli (cio&egrave; la V &egrave; di 0&deg;) e i perni di biella sono a 360&deg;, sono distanziate uniformemente. Se ne ha una ogni 360&deg; di rotazione dell&rsquo;albero a gomito. Al crescere dell&rsquo;angolo, tra i cilindri la spaziatura diviene pi&ugrave; irregolare. Quando esso &egrave; di 45&deg; le fasi utili si susseguono ogni 405&deg;&hellip; 315&deg;&hellip; 405&deg;&hellip; E quando &egrave; di 90&deg; ogni 450&deg;&hellip; 270&deg;&hellip; 450&deg;&hellip; In quanto all&rsquo;equilibratura, con una V di 90&deg; risultano bilanciate le forze d&rsquo;inerzia del primo ordine e la situazione &egrave; pi&ugrave; che soddisfacente. Le cose per&ograve; peggiorano al diminuire dell&rsquo;angolo tra i due cilindri. Per abbattere le vibrazioni che inevitabilmente insorgono si usano equilibratori dinamici che, nella grande maggioranza dei casi, sono del tipo con una o due masse eccentriche rotanti. Quelli con massa oscillante e finta biella, del tipo detto in gergo &ldquo;a batacchio&rdquo;, sono stati (scarsamente) utilizzati soltanto sui bicilindrici paralleli (vedi BMW F800 prima versione). In quelli a V in certi casi si pu&ograve; fare ricorso a uno sfalsamento del perno di manovella, che viene diviso in due parti con diverso posizionamento angolare. In campo moto questa soluzione &egrave; stata lanciata dalla Honda con i suoi motori a V di 52&deg; apparsi nei primi anni Ottanta (serie VT 500 e modelli derivati).  MotoGP, sinonimo di precisione | Officina       

La disposizione distingue i vari modelli: storia e virt&ugrave; delle scelte legate ai bicilindrici

Cilindri in linea o a V: le differenti filosofie | Officina

        Istinto, velocit&agrave;, calcolo e tenacia: sono soltanto alcuni tra gli elementi in comune tra la boxe e le corse, due mondi che inaspettatamente s&rsquo;incontrano e nei quali si possono trovare molte analogie. Ce lo ha spiegato Clemente Russo, uno dei pugili pi&ugrave; rappresentativi del panorama nazionale dell&rsquo;ultimo ventennio, con i suoi 269 incontri disputati, di cui 214 vinti. Il pugile campano &egrave; uno di quegli atleti, un po&rsquo; come Valentino Rossi, al quale spesso &egrave; stato accostato, che ha saputo travalicare i confini del proprio ambito, entrando nelle case della gente e facendo appassionare tante persone. La sua popolarit&agrave; &egrave; cresciuta di pari passo con i risultati sportivi: quattro Olimpiadi disputate dal 2004 al 2016 conquistando due medaglie d&rsquo;argento nonch&eacute; cinque apparizioni ai Mondiali, di cui due vinti. Il primo iride vinto a Chicago nel 2007 attir&ograve; l&rsquo;attenzione di Don King, il pi&ugrave; famoso e importante promoter di pugilato professionistico negli Usa, che lo aveva definito per carisma e tecnica &ldquo;The White Hope&rdquo;, ovvero la speranza bianca. Parallelamente alla vita da atleta, Russo &egrave; riuscito ad assecondare con ottimi risultati la sua indole di comunicatore, partecipando a molti reality &ndash; oggi &egrave; protagonista dell&rsquo;Isola dei Famosi dove tra i naufraghi c&rsquo;&egrave; anche un ex protagonista della MotoGP come Marco Melandri &ndash; e facendosi conoscere al grande pubblico. Russo ha superato i confini sportivi, incuriosito dal mondo circostante, dal business alla televisione fino alla moto, passione che cerca di vivere nel quotidiano. L'intervista ad Andrea Scanzi: "Rossi fenomeno, Simoncelli come Gilles" Russo e l'amore per i motori  In che modo sei legato alle moto e ai motori? &ldquo;Da piccolo avevo il cinquantino come tutti i ragazzini, salendo con l&rsquo;et&agrave; ho preso una Vespa con le marce fino ad arrivare alla moto dei miei sogni, che ho dovuto lasciare dopo due anni perch&eacute; era la fase-clou della mia carriera: per fortuna non sono mai caduto e non mi sono fatto male&rdquo;. Quale moto? &ldquo;La Buell XB 12S. Io sono grosso, la Buell &egrave; una moto piccolina e quello che mi piaceva era la sua ripresa, quando entrava in coppia era fulminea&rdquo;. Come hai gestito questa passione con la vita da pugile? Una vita nella quale non potevi permetterti passi falsi fisicamente parlando, ancor meno in moto. &ldquo;Ovviamente questa passione l&rsquo;ho dovuta gestire con i miei impegni sportivi, prima di ogni torneo o evento di pugilato ho sempre evitato di prendere la moto, e quando salivo in sella cercavo comunque di andare adagio&rdquo;. Hai portato qualcosa dal mondo delle moto alla tua carriera? &ldquo;Sul ring si vince anche per attacchi repentini, per attacchi a sorpresa, tutta accelerazione, come con la Buell, e io in moto stimolavo la mia parte nervosa, un approccio che poi sviluppavo negli allenamenti e portavo nel match&rdquo;. L&rsquo;abilit&agrave; del campione, che sia un pilota o un pugile, &egrave; quella di saper gestire un mare di emozioni? &ldquo;Certo, la tensione e l&rsquo;ansia da combattimento precedono il grande evento sia nella boxe che per il pilota prima di gareggiare. Poi dipende dall&rsquo;atleta, da come assimila il tutto, il campione &egrave; quello che riesce a gestire tutto questo al meglio, senza drammatizzare troppo. Io avevo il mio modo, e ogni atleta sa come trasformare il &lsquo;di-stress&rsquo; che &egrave; lo stress cattivo in &lsquo;eu-stress&rsquo;, che &egrave; quello buono. Il mio modo era quello di usare lo stress per esaltarmi, che poi era quello che faceva Valentino Rossi&rdquo;. Hai parlato dell&rsquo;accelerazione della tua Buell: &egrave; quello il momento che pi&ugrave; ami della guida? &ldquo;S&igrave;: nell&rsquo;uscita dalla curva si sente tutta la potenza dei cavalli che ti porta su. Io, poi, essendo grosso patisco un po&rsquo; l&rsquo;entrata in curva invece in uscita &egrave; tutto pi&ugrave; appagante&rdquo;.  La stima per Valentino  Per quello che hai rappresentato per la boxe italiana, l&rsquo;accostamento a Rossi viene facile. &ldquo;Mi hanno spesso accostato a Valentino per le doti di comunicatore, da diretto interessato dico che effettivamente ci sono molte cose simili tra di noi ma anche molte diversit&agrave;, proprio a livello di comunicazione e di personaggi. Abbiamo due storie diverse, abbiamo avuto un percorso differente, per&ograve; sicuramente &egrave; simile la capacit&agrave; di comunicare mondi, nei nostri casi la boxe e la MotoGP, alternativi al calcio&rdquo;. Valentino &egrave; riuscito a rimanere il riferimento della MotoGP sebbene negli ultimi anni siano arrivati prevalentemente insuccessi. Quanto pesa la sconfitta nello sport? &ldquo;La sconfitta &egrave; molto importante nello sport, pu&ograve; anche aiutare in molte cose. Da una sconfitta si possono costruire le vittorie successive, perch&eacute; si possono capire gli errori e le tecniche messe in pratica che per&ograve; non hanno funzionato. Si apprendono i propri limiti o anche gli sbagli di un allenamento. Tutte cose che ti permettono di costruire e di migliorare&rdquo;. Il pilota deve affrontare la paura di farsi male, un po&rsquo; come il pugile. Come si affronta la paura nel contesto agonistico? &ldquo;Quando si fa un match importante non bisogna andare da sprovveduti, perch&eacute; la tensione, l&rsquo;ansia e appunto la paura ti &lsquo;mangiano&rsquo; ancora prima dell&rsquo;avversario. Quando sei preparato in tutti gli aspetti, dalla condizione fisica e tecnica a quella mentale e alimentare, quando hai fatto tutto bene, la paura assume un aspetto diverso e si supera meglio. Soltanto in questo modo andrai a giocarti il match, o il GP, conscio di poter fare bene e giocartela. Bisogna autoconvincersi di aver fatto tutto bene. La paura si vince in questo modo, con la consapevolezza di ci&ograve; che &egrave; stato fatto. Ovviamente, se c&rsquo;&egrave; qualche elemento fuori posto, se hai svolto una vita irregolare, magari hai mangiato troppo, hai bevuto la sera prima di un evento, salirai sul ring o scenderai in pista con la paura di perdere&rdquo;. Qual &egrave; l&rsquo;aspetto che pi&ugrave; ti colpisce delle corse? &ldquo;Io sono sempre stato colpito dalla grande personalit&agrave; di Valentino Rossi. &Egrave; la personalit&agrave; che fa tutto. Anche perch&eacute; tutti quelli che corrono a quei livelli sono bravi. I piloti sono tutti racchiusi in un secondo e vanno tutti forte, altrimenti non sarebbero in MotoGP. Perci&ograve; la differenza a quel punto la fanno il talento e soprattutto la personalit&agrave;&rdquo;.    MotoVip: Fabrizio Donato, dall'atletica alla pista           

"Cosa? Credo che la tensiona prima del via &egrave; la stessa che si prova alla vigilia di un incontro. Le mie moto? Ho amato la Buell XB 12S"

MotoVip, Clemente Russo: "Boxe e moto hanno molto in comune"

Tornare, sempre e comunque. Cambiando pelle, evolvendosi, vivendoci momenti di gloria e quelli di difficolt&agrave;, sempre fedeli a quell&rsquo;architettura motoristica e al concetto di prototipo perch&eacute; i preparatori possano giocare e inventare. Quanti se ne sono avventurati nella Battaglia dei Bicilindrici, e quanti tutt&rsquo;ora elaborano. Una sorta di magia che si ripete ogni anno in toni pi&ugrave; o meno alti, come in occasione della prima tappa 2021 del 24 e 25 aprile a Varano dove, nonostante pandemia e problematiche varie, pareva quasi di essere ai tempi d&rsquo;oro contanti mezzi diversi, la MGS01, la Vyrus, la NCR, le Buell Free Spirits, la Bimota, la BMW, la Ghezzi &amp; Brian. Senza contare le varie special preparate da Bursi, Lenci, Valentini, Moretti, Rosmoto, tanto per citarne alcuni. Il tutto in un&rsquo;atmosfera molto rilassata e conviviale come &egrave; tradizione da queste parti.  Asserragliati sulla collinetta del paddock, il sabato sera &egrave; stato un&rsquo;ottima occasione per consegnare i premi della stagione 2020, evento saltato pi&ugrave; volte causa Covid-19, e per il solito &ldquo;aperitivo rinforzato&rdquo; che vede protagonista il Moto Club promoter, I Saponettari, e il sardo Massimiliano Porta che riempie le tavole di prodotti di casa. Tutti distanti come da normativa ma tutti a commentare e a prendersi in giro in attesa della battaglia del giorno dopo. Il pensiero andava pure a Stefano Scanavino, assente per un lutto decisamente importante, e a Diego Dessi su GC e Alessandro Lo Previte, fuori entrambi per una caduta nelle libere della settimana precedente.    CIV Misano, PreMoto3: doppietta di Ferrandez davanti a Pini  Le classi   Passata la nottata, le quattro classi BdB hanno preso il via suddivise in due partenze. Mezzi leggeri e con costi gestionali limitati nella Leggera, pi&ugrave; in linea con le norme anni 2000 la Leggenda, aperte a motori pi&ugrave; potenti e pi&ugrave; vicino ai giorni nostri la Veloce e la Potente. Classifica speciale a parte quindi per la BotTisBack, tributo ai motori a carburatori ad aria che caratterizzarono i due cilindri fino agli anni &rsquo;90, dove svettava la Ducati Pantah 500 di Franco Martini.  Subito in evidenza la Leggera, in gara con i Supermono del Trofeo Motoestate, oltre alla Ducati di Martini brillavano le Paton SR1. I due missili verdi, presenti in pi&ugrave; occasioni al TT dell&rsquo;Isola di Man anche con i due piloti in pista a Varano, lo spezzino Andrea Majola e il francese Pierre-Yves Bian, dettavano legge con la doppietta di classe che sfuggiva al team soltanto per una noia tecnica a Majola mentre Bian chiudeva lottando fino all&rsquo;ultimo con le Supermono di Scagnetti e Morri. Ancora base Kawasaki per l&rsquo;interessante V Rok1 di Enrico Rocchi, diverse le evoluzioni su base Suzuki del RosmotoRacingTeam: agile e veloce non soltanto di nome la Sottopeso di William Venesio, secondo sul traguardo, cosi come le SR644 di Giuseppe Castelvetere e Dario Rossi. Su base Ducati quindi la Moretti 803 di Max Barilati, terzo nel finale dopo un duello accesissimo con la spettacolare Pierobon F042 di Rossano Gualandi mentre Giangiorgio Plenario, all&rsquo;esordio sulla BRT, si divertiva non poco.  Ben tre classi nell&rsquo;altra partenza, Leggenda, Veloce e Potente, la situazione si faceva ancor pi&ugrave; emozionante per l&rsquo;arrivo della RS660: praticamente un battesimo in pista con tanto di vittoria nella Leggenda! Preparata dal Gabro Racing Team in pochi mesi e senza che ci fosse nulla di racing pronto, Sebastiano Zerbo, festeggiato il compleanno il 24, scattava andando a inseguire la splendida Moretti ST3 di Piero Roma, fuori dal podio per una scivolata nel finale, e battagliando con l&rsquo;alfiere del ByteTheraphy Andrea Mardegan su BTT2V, secondo nel finale davanti alla Millona di Alessandro Nostini. Conosciuta ma non per questo meno bella la SR744 di Ezio Rosboch, alle sue spalle transitavano il sempre pi&ugrave; consistente Massimiliano Porta su BRT810 e la MGBRT1200 di Francesco Greco. Per il romano, il numero 100, come gli anni della Guzzi, e una carena i cui colori si richiamavano alla mitica otto cilindri.  Tra Veloce e Potente, spazio ai giovani con Samuele De Marco, mattatore della Veloce sulla Ducati gestita dal pap&agrave; Giuseppe, e l&rsquo;esordiente Fabio Fabris su Aprilia Lavillata Racing. I due si permettevano il lusso di mettere dietro due esperti come i romani Francesco Vernarelli e Luca Bassetto. Giovani speranze anche nella Potente con Nicholas Rovelli su Ducati Bursi Evolution che regolava Leonardo Piergiovanni, approdato da poco nella BdB e quindi in fase di apprendistato. La bagarre in testa invece, sia assoluta che di categoria, vedeva coinvolti Marco Dall&rsquo;Aglio (Moretti 1198) e Pino Vocaturi (Ducati GMS), che lottavano sin dalle prove con &ldquo;Dalo&rdquo; che si portava in testa per tutta la gara. Nella bagarre dei doppiaggi, Vocaturi non riusciva a tentare l&rsquo;ultimo attacco prima della bandiera a scacchi. Prossimo appuntamento a fine maggio sul rinnovato circuito di Cremona. 

La Battaglia dei Bicilindrici ha debuttato con una tappa degna dei tempi d&rsquo;oro, per numero di partecipanti e variet&agrave; dei modelli in pista: successi per Zerbo, Bian, Dall&rsquo;Aglio, De Marco e Scagnetti

Twins, una passione che non muore mai

da Assen (Olanda): Marco Masetti  La notizia &egrave; arrivata dagli Stati Uniti e parla del crack finanziario della EBR, la Eric Buell Racing che &egrave; &ldquo;fuori&rdquo; con le banche per 20 milioni di dollari. Ma qui siamo in Europa, Olanda, Assen e si corre il mondiale Superbike, dove la EBR, con il supporto della indiana Hero, corre con i piloti Larry Pegram e Niccol&ograve; Canepa.  Di sicuro c&rsquo;&egrave; solo che la squadra correr&agrave; il round olandese, tutto il resto &egrave; da definire. Pegram, che &egrave; anche il team manager della squadra, ha rassicurato tutti: &ldquo;si corre fino a fine anno&rdquo;, ma Canepa ha meno certezze, visto che ha scoperto, da poco che: &ldquo;Sapremo qualcosa il luned&igrave; dopo la gara&rdquo;. Dove sta la verit&agrave;?  Nel rassicurante Pegram o nelle preoccupazioni del resto del team? L&rsquo;americano rester&agrave; in Europa dopo Assen, anche perch&eacute; c&rsquo;&egrave; da far rientrare i camion e il materiale che sono di base in Italia e poi si vedr&agrave;.  Resta una sola sicurezza: da inizio anno la Superbike ha perso le due moto del team JR, del quale si &egrave; scoperto che non &egrave; mai esistito un contratto di fornitura da parte di BMW e adesso le due poco competitive EBR. La griglia ricomincia ad essere scarsa e ci sono manovre per schierare una terza Aprilia per far rientrare Toni Elias e si sta cercando il budget necessario. Se dopo solo tre round manca un&rsquo;altra squadra all&rsquo;appello, non &egrave; un bel segnale che arriva dalla SBK. Guarda la fotogallery dei piloti nel paddock di Assen 

Di sicuro c&rsquo;&egrave; solo che la squadra correr&agrave; il round olandese, tutto il resto &egrave; da definire

SBK Assen: crack EBR, Pegram e Canepa a rischio

L&rsquo;ultimo dei suoi sette record ufficiali di velocit&agrave; su terra Valerie Thompson lo ha stabilito a settembre. Nella edizione numero 28 della World of Speed sul lago salato di Bonneville,&nbsp; in sella a una BMW S 1000 RR della classe Modified Partial Streamlined Gas 1000 ha superato le due prove richieste facendo registrare una velocit&agrave; di punta media di 208,812 miglia orarie, pari a 335,975 km/h!  Per la verit&agrave; Valerie si &egrave; spinta fino a 337,64 km/h, ma il regolamento per questo tipo di sfide omologa come record solo quello calcolato sulla media delle prestazioni sul passaggio di andata e quello di ritorno. Ad ogni modo, chilometro pi&ugrave; chilometro meno, Valerie si &egrave; confermata la donna pi&ugrave; veloce d&rsquo;America su due ruote. Di diritto &egrave; entrata nel ristretto circolo Bonneville 200 MPH, il cosiddetto Club del Cappello Rosso, che ora sfoggia con orgoglio, &laquo;perch&eacute; - come racconta lei stessa - sognavo di indossare il Red Hat da quando ho iniziato ad affrontare le sfide sui laghi salati, e ora che ci sono riuscita posso concentrarmi su nuove sfide&raquo;.  Nel mondo dei motori americano, ora Valerie se la batte con altre due &ldquo;miss volanti&rdquo;, in questo caso a 4 ruote: Danica Patrick, prima donna a vincere una gara con vetture tipo IndyCar, nel 2008 a Motegi, e a conquistare una pole in Nascar, nel 2013 a Daytona, alla media di 316,13 km/h, e Ashley Force, prima donna a ottenere un successo in una delle classi pi&ugrave; prestigiose delle competizioni dragster NHRA - e cio&egrave; la Top Fuel Funny Car, seconda solo alla Top Fuel - raggiungendo nel 2008 ad Atlanta una velocit&agrave; di 515,45 kmh in 4&rdquo;837. Inutile ignorarlo, Valerie se la batte con loro anche su un altro piano, quello del fascino.  Tutte e tre hanno indubbiamente un notevole sex appeal e a Valerie, come in particolare a Danica, ogni tanto piace giocarci. Come quando - lo potete vedere in queste pagine - si &egrave; prestata per qualche posa hot, riuscitissima, grazie a un fisico da modella che tiene in costante allenamento in palestra. Mentre Danica ha iniziato da ragazzina a correre in automobile e Ashley &egrave; cresciuta in una famiglia di amanti del brivido (il padre John &egrave; stato 16 volte campione della Top Fuel Funny Car) per Valerie tutto &egrave; cominciato molto pi&ugrave; tardi e in modo imprevedibile, dopo una discreta carriera nel settore bancario, come consulente finanziaria, dietro una... tranquilla scrivania!  VALERIE, che &egrave; nata il 17 aprile del 1967 e vive a Scottsdale, in Arizona, inizia infatti l&rsquo;attivit&agrave; nel motorsport solo a 38 anni, direttamente nelle gare di accelerazione e con i tentativi di record di velocit&agrave; su terra. Va a segno gi&agrave; nel 2006, conquistando l&rsquo;AMA National Land Speed Record nella classe APF 2000, ad una velocit&agrave; di 234,34 km/h, con una Harley Davidson Panhead preparata dallo specialista Keith Ball della BikerNet.com e ribattezzata Assal Weapon. Si ripete l&rsquo;anno successivo, ancora con una Panhead, con cui sul lago salato di Bonneville questa volta si impone nella classe APS 2000, alla velocit&agrave; di 260.23 kmh.  Contemporaneamente partecipa alle competizioni dell&rsquo;All Harley Drag Racing Association, piazzandosi terza a fine stagione 2007, e in quelle della National Hot Rod Association, dove gareggia con una Buell gialla e fucsia bellissima ed elegantissima, le cui forme sembrano raccordarsi in un tutt&rsquo;uno con le sue. La svolta la compie nel 2012, quando d&agrave; vita al suo team, il Valerie Thompson Racing, si lega alla BMW e, in sella a una S 1000 RR, decide di concentrarsi nei tentativi di record di velocit&agrave; su terra per moto di produzione e strettamente derivate da queste. Lo stesso anno infatti firma tre record ECTA, cio&egrave; su fettucce di cemento lunghe un miglio (1609 m) e larghe 9,14 m, con passaggio singolo: a 317,71 kmh nella classe Production, a 318,63 kmh nella Modified Gas e a 320,68 kmh nella Modified Fuel, record che poi migliorer&agrave;. Pochi giorni fa, dopo essersi &ldquo;laureata&rdquo; a Bonneville, ha quindi raggiunto al The Texas Mile un altro primato - personale, che non le vale un record - arrivando alla velocit&agrave; di 350,279 kmh, la pi&ugrave; alta nella sua carriera.   Valerie, quanto &egrave; stata difficile l&rsquo;impresa a Bonneville? &laquo;Molto, perch&eacute; non ero mai andata cos&igrave; veloce con una moto della classe MPS-G 1000 e poi per le condizioni del fondo: il tempo &egrave; stato brutto, ha piovuto, era bagnato e molto scivoloso. Inoltre, ho dovuto effettuare il percorso due volte, in quanto nei tentativi di record a Bonneville per regolamento la velocit&agrave; deve essere calcolata sulla media di due passaggi. Complessivamente, l&rsquo;intera operazione &egrave; abbastanza complessa, perch&eacute; richiede tanto lavoro e concentrazione. L&rsquo;aver ottenuto questo record con il mio team &egrave; stato un ulteriore motivo di grande soddisfazione&raquo;.  Che differenza c&rsquo;&egrave; tra un tentativo di record ECTA, su fettucce di cemento lunghe un miglio, e uno SCTA sul lago salato di Bonneville?  &laquo;Enorme. Su un lago salato &egrave; molto pi&ugrave; difficile per una questione di trazione, perch&eacute; si ha molto meno grip a terra rispetto ai tentativi che si fanno sui percorsi di un miglio, con manto stradale in cemento. A Bonneville, lungo tutto il percorso, non si sa mai con certezza quanta trazione si ha effettivamente, perch&eacute; il fondo cambia continuamente e in alcuni punti pu&ograve; essere anche umido. Inoltre, se si fanno pattinare troppo le gomme, queste possono anche arrivare a sferragliare ed esplodere; tant&rsquo;&egrave; che esistono regole molto severe sul tipo di pneumatici che si possono utilizzare. &Egrave; subito molto delicata la fase di accelerazione, dalla partenza e per tutta la durata dei cambi di marcia, dalla prima alla sesta. Soprattutto, bisogna fare molta attenzione al fattore vento, perch&eacute; soffia in modo del tutto imprevedibile, in senso longitudinale come in quello trasversale, anche a 25-30 km/h, in un punto del percorso come in un altro... non si pu&ograve; mai prevedere da dove arrivi e con che intensit&agrave;. Insomma, a Bonneville le condizioni cambiano di attimo in attimo, e questo rende assai delicata la gestione di un tentativo di record. Anche se si ha molta esperienza, quando si va a oltre 320 km/h non si riesce mai a prevedere come le condizioni possono variare da un momento all&rsquo;altro, non se ne avrebbe neppure il tempo visto quanto tutto scorre veloce. Per questo per i piloti &egrave; una sfida molto pi&ugrave; complessa su un lago salato&raquo;.    Quando &egrave; iniziata la tua passione per le moto e per questo tipo di sport? &laquo;Nel 1999 ho comperato la prima moto, una Harley Davidson. Da l&igrave; &egrave; stato un crescendo di interesse per il mondo delle moto, fino a quando nel 2005 mi &egrave; venuta la passione per questo tipo di competizioni. Non c&rsquo;&egrave; stato nessuno che in famiglia che me l&rsquo;abbia trasmessa, &egrave; semplicemente venuta fuori da sola, spontanea. &Egrave; una passione che &egrave; iniziata con le moto da strada e poi &egrave; si &egrave; estesa all&rsquo;attivit&agrave; sportiva&raquo;.  Tanto da farti lasciare il lavoro di consulente finanziaria... &laquo;Be&rsquo;, non &egrave; andata proprio cos&igrave;. Ho lavorato come consulente finanziaria per una banca per 13 anni. Poi, per&ograve;, questa ha cambiato nome, ha spostato la sede e mi ha licenziata. Sulle prime &egrave; stato un disastro, perch&eacute; non avevo alternative. Poi ho realizzato di non voler tornare a quel tipo di attivit&agrave;, chiusa in un ufficio, ma di desiderare qualcosa di divertente, all&rsquo;aperto; cos&igrave; ho deciso per un cambiamento totale. Vista la passione per le moto, ho aperto una concessionaria plurimarche; poi, come ho gi&agrave; detto, &egrave; arrivata anche la passione per l&rsquo;attivit&agrave; sportiva&raquo;.  Qual &egrave; la moto pi&ugrave; potente con cui hai gareggiato? &laquo;La seconda che ho avuto, la Pro Stock Buell, che aveva 350 cavalli&raquo;.  Hai mai avuto paura? &laquo;Diciamo che alle volte sono un po&rsquo; nervosa, per timore di rimanere coinvolta in qualche incidente o di finire in qualche mucchio. In pi&ugrave; di un&rsquo;occasione mi &egrave; capitato di andarvi vicino ma fortunatamente non ho mai sbattuto&raquo;.    E il tuo compagno ha paura per te? &laquo;Non so se alle volte si innervosisca, se sia un po&rsquo; teso, ma comunque non me lo ha mai detto, e non credo che neppure vorrei che me lo dicesse, perch&eacute; questo mi renderebbe a mia volta troppo nervosa. Ad ogni modo, mi aiuta molto, mi segue spesso nei miei impegni agonistici e si d&agrave; molto da fare, si occupa della logistica, carica e scarica il camion, tiene sotto controllo e in ordine un po&rsquo; tutto. Questo, ovviamente, mi fa molto piacere&raquo;.  Dal 2012 corri con la BMW, la S 1000 RR. Perch&eacute; questa scelta? &laquo;Perch&eacute; &egrave; potente - ha oltre 195 CV -, ha un buon comportamento con le gomme e, essendo quasi di serie, richiede una manutenzione molto ridotta tra una gara e l&rsquo;altra, a differenza di quando utilizzavo la Buell, la moto pi&ugrave; potente che abbia mai guidato. Eppoi, la S 1000 RR posso utilizzarla anche su strada, basta che le metta la targa, gli specchietti, le luci e mi ci posso divertire anche su strada. Con questa moto chiunque, se ha un po&rsquo; di soldi e la passione, pu&ograve; fare le stesse cose che faccio io. Tutte le moto con cui ho corso in precedenza, invece, erano appositamente costruite per correre&raquo;.  Nel 2012 eri stata selezionata dalla North American Eagle per tentare con il suo omonimo &ldquo;missile&rdquo;, derivato dal jet F-104 Lockheed Star Fighter, un altro record di velocit&agrave; su terra, ad oltre 800 km/h!. Poi, per&ograve;, l&rsquo;operazione non ha pi&ugrave; avuto un seguito. Come mai?  &laquo;Il progetto era di battere il record femminile stabilito da Kitty O&rsquo;Neal nel 1972, alla velocit&agrave; di 512 miglia orarie (823,8 km/h, ndr). Io dovevo appunto essere il pilota di questo veicolo. Ma un&rsquo;operazione di questo genere richiede molti soldi, servono sponsor importanti, che non siamo riusciti a coinvolgere. Non potevo certo tirare fuori i soldi di tasca mia&raquo;.  In America ci sono altre due donne molto famose nelle competizioni motoristiche, in quelle a quattro ruote: Ashley Force e Danica Patrick. Per di pi&ugrave;, avete tutte e tre un discreto sex appeal. C&rsquo;&egrave; mai stata competizione tra voi? &laquo;No, perch&eacute; alla fine siamo impegnate tutte in tipologie di competizioni molto diverse. Ashley in quelle di accelerazione sul quarto di miglio, Danica nelle gare in circuito, io nella velocit&agrave; su terra, per cui tra noi non c&rsquo;&egrave; mai stato alcun tipo di rivalit&agrave;. S&igrave;, le conosco entrambe, con Danica abbiamo avuto anche uno sponsor in comune nel 2007, il GoDaddy.com, abbiamo partecipato anche ad alcune iniziative promozionali-pubblicitarie insieme e mi rallegro per lei quando ottiene buoni risultati, ma non c&rsquo;&egrave; competizione tra noi. Personalmente, poi, a me interessa concentrarmi solo sui miei programmi e i miei obiettivi, senza stare a confrontarmi con quelli di altri&raquo;.  Sei comparsa varie volte in servizi e documentari televisivi e hai anche posato per alcune foto piuttosto sexy. Ti consideri un po&rsquo; una star? &laquo;Un po&rsquo; s&igrave;. Sono cose che, ovviamente, mi sono utili a scopo promozionale. Ad ogni modo mi piacciono, mi divertono e sono anche queste una sorta di sfida&raquo;.  Qual &egrave; la tua prossima sfida? &laquo;Al World of Speed di Bonneville lo scorso settembre &egrave; stata la mia prima partecipazione a un evento USFRA. Adesso non vedo l&rsquo;ora di tornarci il prossimo anno. Stay tuned!&raquo;.  Marco Ragazzoni  Questo articolo &egrave; stato pubblicato su Motosprint numero 49.   

Ha centrato 7 primati di velocit&agrave;, l&rsquo;ultimo a Bonneville a 335,97 km/h. E non rinuncia a farsi fotografare in pose sexy 

Valerie Thompson, la sexy primatista d'America

EBR Motorcycles ha annunciato che il Team Hero EBR sar&agrave; nuovamente al via del Mondiale Superbike. Saranno due i piloti: Niccol&ograve; Canepa e Larry Pegram, entrambi in sella alla EBR 1190RX.  Per il 2015, la squadra continuer&agrave; ad avere una base operative in Italia, ma con una struttura della squadra diversa. Pegram ricoprir&agrave; inoltre il ruolo di overall team manager. L&rsquo;esperto pilota americano vanta numerosi successi e podi in madrepatria, ottenuti con diversi costruttori e, grazie alla sua personalit&agrave; e capacit&agrave; di promozione all&rsquo;interno di questa disciplina, si &egrave; costruito un buon seguito di fan negli Stati Uniti.  Niccol&ograve; Canepa vanta una gi&agrave; lunga carriera a livello internazionale, con risultati di rilievo nella Coppa FIM Superstock 1000 (della quale &egrave; stato campione nel 2007 e vice campione nel 2013) e nel Mondiale Superbike (ha chiuso al secondo posto nella classe EVO nel 2014), nonch&eacute; partecipazioni in MotoGP e Moto2.  &ldquo;Sono lieto di entrare a far parte del Team Hero EBR per la stagione 2015", ha commentato Canepa. &ldquo;Questa per me &egrave; l&rsquo;opportunit&agrave; perfetta per coniugare la mia capacit&agrave; di collaudatore con quella di pilota. &Egrave; stato bello vedere un brand americano per la prima volta nel Mondiale Superbike lo scorso anno e, verso il finale di stagione, la moto &egrave; migliorata molto. Non vedo l&rsquo;ora di portare la 1190RX ad ulteriori livelli di competitivit&agrave;&rdquo;.  "La stagione che viene sar&agrave; davvero speciale per me e non vedo l&rsquo;ora di iniziare", ha detto Pegram. "Il passaggio a EBR &egrave; stato davvero importante, perch&eacute; mi &egrave; sempre piaciuta l&rsquo;idea di vedere un brand americano in una competizione di velocit&agrave;. Il punto iridato conquistato nel Mondiale Superbike a Laguna ed i podi ottenuti nell&rsquo;ultimo fine settimana di gare della AMA danno l&rsquo;idea della potenzialit&agrave; del mezzo. Sono inoltre convinto che EBR e Pegram racing potranno portare avanti con successo questo impegno nel Mondiale".  Erik Buell ha aggiunto: &ldquo;Siamo molto felici di prendere parte anche all&rsquo;edizione 2015 del Mondiale Superbike. La stagione passata &egrave; stata puramente di apprendistato per noi e ringrazio tutti coloro che sono stati coinvolti nel progetto nel 2014. E&rsquo; stato un compito difficile viste le novit&agrave; rappresentate non solo dalle moto, ma anche dai piloti e dai circuiti. Era comunque parte di un progetto a lungo termine. Visto l&rsquo;arrivo di tante nuove persone da ambienti differenti, abbiamo fatto numerosi esperimenti nel 2014, molti dei quali non sono andati come avremmo sperato ma sono stati comunque utili per imparare.  &ldquo;Alla luce dei dati raccolti, abbiamo fatto diversi cambiamenti per il 2015 e non vediamo l&rsquo;ora di vedere quali saranno i risultati", ha continuato Buell. "Ad un livello cos&igrave; alto, tutto deve funzionare al meglio. Larry, oltre a scendere in pista, ricoprir&agrave; anche il ruolo di team manager. Visti i positivi risultati ottenuti da Pegram Racing negli Stati Uniti, inclusa la wildcard nel Mondiale Superbike, crediamo che Larry rappresenter&agrave; una connessione importante tra l&rsquo;azienda ed il paddock. Niccol&ograve; &egrave; un&rsquo;aggiunta di grandissimo livello, vista la sua esperienza sia come pilota che come collaudatore. Il mio grazie va inoltre a Hero Motorcorp per la rinnovata fiducia ed a AMSOIL non solo per la sponsorizzazione, ma anche per il supporto tecnico".

Il pilota ligure sar&agrave; al via del mondiale Superbike in sella alla EBR 1190RX. Con lui l'americano Larry Pegram

SBK: Canepa correr&agrave; con la Buell

Drammatico incidente a Daytona nella giornata di prove libere prima dell&rsquo; inizio delle Race of Champions motociclistiche: a causa delle ferite riportate hanno perso la vita il veterano Rick Shaw, istruttore della scuola di guida Team Hammer Advanced Riding School, e il suo allievo Eric Desy. I due sono entrati in collisione in una delle due curve sopraelevate, la East Banking, forse per una incomprensione. &laquo;Le curve sopraelevate sono particolarissime ed &egrave; necessaria una tecnica singolare per affrontarle &ndash; ha spiegato Dario Marchetti, unico italiano invitato alla serie di gare riservate ai piloti che hanno conquistato almeno un podio nel campionato americano &ndash;: la pista &egrave; inclinatissima, bisogna curvare restando il pi&ugrave; in alto possibile, vicino al muro di contenimento, e poi in uscita venire gi&ugrave; bruscamente, sfruttando la discesa per raggiungere una velocit&agrave; pi&ugrave; elevata. &Egrave; difficilissimo e per questo spesso chi non &egrave; esperto ingaggia un veterano, come lo era Shaw, per farsi insegnare. Ma Shaw ha seguito la traiettoria giusta mentre il suo allievo &egrave; rimasto in basso, le loro linee si sono incrociate e si sono agganciati. L&igrave; si viaggia a 300 all&rsquo;ora, l&rsquo; incidente &egrave; stato terribile&raquo;. Shaw era un pilota espertissimo, aveva 65 anni e aveva corso per quasi 30 anni nelle gare americane, si era ritirato nel 2006 e per lungo tempo aveva avuto il record del maggior numero di miglia percorse (negli anni) nella 200 miglia di Daytona: 3728,33, primato superato nel 2011 da Ricky Orlando. Il programma della Race of Champions comunque &egrave; andato avanti: ieri notte sono state disputate la prima manche della Battle of Twins e della Sound of Thunder, vinte entrambe da Shane Turpin. Marchetti &egrave; in gara con una Ducati 1199 Panigale molto vicina alla versione di serie, ed ha ottenuto un quarto e un sesto posto. &laquo;Il mio problema &egrave; che devo stare sempre in scia &ndash; ha spiegato &ndash; perch&eacute; il motore spinge poco: appena cerco di superare i miei avversari e li affianco, all&rsquo;uscita delle curve, quelli allungano e se ne vanno. Ma devo essere contento: la crisi c&rsquo;&egrave; per tutti e il team Ducshop che mi dava la moto ha sospeso l&rsquo;attivit&agrave;, il mio ex team manager Tim Robinson mi d&agrave; una mano ma ho potuto correre solo grazie all&rsquo;ex sponsor della squadra, Rod Snyder, che mi ha messo a disposizione una delle sue moto personali. Lui &egrave; stato eccezionale; certo, il motore &egrave; di serie e quelli degli altri no, per&ograve; cos&igrave; posso partecipare a questo gruppo di gare cui tengo moltissimo, e in qualche categoria posso tentare il colpaccio: ci sono le condizioni per farlo, nella SOT siamo arrivati tutti in volata dal secondo al sesto. Il guaio &egrave; che il sesto ero io&raquo;.  Classifiche  Battle of Twins-prima manche: 1. Turpin (Ducati); 2. Mooney (Buell); 3. Imrie (Ducati); 4. Marchetti (Ducati).  Sound of Thunder-prima manche: 1. Turpin (Ducati); 2. Wood (Ducati); 3. Mooney (Buell); 4. Imrie (Ducati); 5. Fredman (Ducati); 6. Marchetti (Ducati).  Nelle foto: Marchetti in gara a Daytona, Marchetti su una delle due curve sopraelevate

due piloti perdono la vita. Il racconto di Marchetti  

Daytona tragica

MotoGP e Superbike sono ferme ma in questo week end torna a gareggiare Kevin Schwantz, campione mondiale della 500 nel 1993. Il texano correr&agrave; domani nel Barber Motorspeed Festival, appuntamento finale del campionato americano AHRMA, gara ad invito per i piloti che hanno vinto una gara negli anni precedenti; tra di essi Dario Marchetti, unico italiano al via sul circuito di Barber, in Alabama. Schwantz &egrave; in sella a una Norton Manx 500 tra le moto d&rsquo;epoca, nella categoria SMS, ed ha il quarto tempo in prova.Marchetti (nella foto in alto) invece ha gi&agrave; fatto la prima gara, tra le moto moderne, nella ben pi&ugrave; combattuta Battle of Twins, con la Ducati 848 del team Ducshop, la squadra di Atlanta (Georgia) che lo schiera nelle gare statunitensi. Costretto a partire in quarta fila da un regolamento che assegna le posizioni in base al piazzamento in campionato, il bolognese &egrave; passato quattordicesimo al primo giro, poi ha risalito il gruppo fino alla settima posizione. La gara &egrave; stata vinta da Erick Wood (Ducati), seguito da Steve Turpin (Ducati) e Pat Mooney (Buell). &laquo;Non sono soddisfatto &ndash; ha detto Marchetti all&rsquo;arrivo &ndash; ma sapevo che sarebbe stata dura, il livello &egrave; elevatissimo. La mia moto si guida molto bene e nel misto riesco a recuperare ma partire cos&igrave; indietro significa perdere molto tempo nei sorpassi. Bisogner&agrave; che per la prossima gara cerchi di bruciare qualche avversario in pi&ugrave; allo start&raquo;. &ldquo;La prossima gara&rdquo; &egrave; la Sound of Thunder, che si correr&agrave; fra qualche ora, nel corso della notte, ora italiana. Domani, domenica, ci saranno le altre due manche della BOT e della SOT.

Negli Stati Uniti nel Barber Motorspeed Festival

Torna a correre Schwantz. Marchetti &egrave; settimo

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Da Aprilia a .... Yamaha i test verit&agrave; e su strada

Prove moto e scooter by Motosprint.it

      DAYTONA - Dario Marchetti, che sar&agrave; al via della 200 Miglia di Daytona con una Ducati 848 per MotoSprint, &egrave; salito altre due volte sul podio nella sua seconda giornata di gare della Bike Week, la settimana di corse motociclistiche sul circuito di Daytona, in Florida, che avr&agrave; il clou nella prestigiosa 200 Miglia, nella notte di venerd&igrave;, ora locale.  Il pilota bolognese guida una Ducati 848 del team DucShop di Atlanta, Georgia, ed &egrave; proprio in preparazione all&rsquo;evento di maggior prestigio che ha corso le due gare della Battle of Twins e della Sound of Thunder, ieri, ottenendo due secondi posti, e le altre due gare delle stesse categorie oggi. Questa volta ha finito terzo nella BOT e secondo nella SOT, entrambe nuovamente vinte dall&rsquo;oriundo Pat Mooney, inglese di nascita ma da anni trapiantato in Florida, in sella ad una Buell 1125 R. Marchetti &egrave; partito bene nella prima gara, secondo, ma si &egrave; accorto subito che la moto non spingeva forte e per tenere la ruota di Mooney &egrave; arrivato lungo alla variante; ha rimontato velocemente ma la sua Ducati 848 mancava di potenza e Wes Orloff, in sella ad una seconda Buell, &egrave; riuscito a riagganciarlo. Davanti, Mooney ha continuato indisturbato mentre la bagarre per il secondo posto si &egrave; risolta solo sul traguardo: Marchetti ha tentato il tutto per tutto ma nella volata l&rsquo;americano ha avuto la meglio.      &laquo;Mi sono accorto subito che qualcosa non andava - &egrave; il racconto di Marchetti - ma ho voluto provarci ugualmente. Per&ograve; &egrave; la 200 Miglia la gara che pi&ugrave; ci interessa, quindi quando sono arrivato lungo ho preferito tirare dritto e non rischiare di fare danni. Speravo almeno nel secondo posto, Orloff mi passava sul dritto e io gli rendevo il favore in staccata; all&rsquo;ultima curva sono uscito forte, gli ho preso la scia e ho tentato la volata, ma non ce l&rsquo;ho fatta. Per mezza ruota, accidenti!&raquo;.   La squadra ha poi scoperto che il calo di potenza era dovuto a un problema di alimentazione. Restava ancora la Sound of Thunder ma ancora una volta Mooney si &egrave; involato e Marchetti ha condotto una gara solitaria in seconda posizione. Il vento ha giocato un ruolo determinante.  &laquo;Nel rettilineo principale il vento soffiava contro e mi mancavano 1.000 giri. Soffiava anche per Mooney, ma la maggior cilindrata della sua moto ha reso meno avvertibile il calo; la mia sentiva di pi&ugrave; il vento. Comunque niente scuse: Mooney va forte e ha meritato di vincere. Io ho scelto di usare la 848 perch&eacute; &egrave; la stessa che avr&ograve; nella 200 Miglia, sapevo che sarebbe stata dura e non mi devo lamentare. Abbiamo fatto un buon lavoro di preparazione, ho costruito un ottimo rapporto con la squadra, che &egrave; tutta americana, e da domani cominciano le prove della gara pi&ugrave; importante. Siamo un team privato e ci sono tanti ufficiali, sar&agrave; dura. Ma ci divertiremo!&raquo;.       LE CLASSIFICHE  BATTLE OF TWINS (2a gara): 1. Mooney; 2. Orloff; 3. Marchetti; 4. Carmody; 5. Scott.      SOUND OF THUNDER (2a gara): 1. Mooney; 2. Marchetti; 3. Ivanoff; 4. Scott; 5. Harrison.

Il nostro portacolori &egrave; terzo e secondo in gara

Altri due podi per Marchetti a Daytona

      DAYTONA - Dario Marchetti ha ottenuto due secondi posti nella sua prima giornata di gare della Bike Week sul circuito di Daytona, in Florida, nella serie di corse che apre la stagione della velocit&agrave; motociclistica internazionale e culminer&agrave; venerd&igrave; notte - sabato, ora italiana- con la prestigiosa 200 Miglia di Daytona. Marchetti &egrave; schierato dal team DucShop di Atlanta in sella a una Ducati 848 derivata piuttosto strettamente dalla serie, ed ha preso parte alla prima manche della Battle of Twins e della Sound of Thunder, gare che negli anni scorsi hanno visto diversi successi italiani, tra i quali quello dello stesso Marchetti, e per questo nel nostro Paese sono piuttosto popolari.  Marchetti &egrave; a Daytona per correre la celebre 200 Miglia con una Ducati 848 praticamente di serie per Motosprint, sul quale racconter&agrave; poi l'esperienza americana.  La vittoria in entrambe le occasioni &egrave; andata a Pat Mooney, in sella ad una Buell 1125 R. Le gare hanno avuto un andamento molto simile e sono state decise prima del via dallo schieramento di partenza, che in queste gare viene deciso a tavolino, prima ancora delle prove, in base ai risultati ottenuti di recente e all&rsquo;ordine di iscrizione. A Mooney, pilota molto veloce che corre nel campionato USA, &egrave; stata assegnata entrambe le volte la pole position; Marchetti da tempo non veniva negli States ed ha avuto la terza fila nella BOT e la quarta nella Sounf of Thunder, trovandosi costretto a rimontare posizioni furiosamente. Ma Mooney era gi&agrave; riuscito a guadagnare un distacco impossibile da recuperare, data anche la brevit&agrave; delle gare.      &laquo;Nella BOT ero riuscito a partire in mezzo al gruppo - &egrave; il racconto di Marchetti - ma alla prima variante mi sono trovato davanti due piloti affiancati e c&rsquo;era il rischio di trovarsi stretti in un brutto sandwich, cos&igrave; ne ho passato uno solo in entrata e l&rsquo;altro in uscita, ma ho perso tempo prezioso. Al secondo giro ero secondo ma Mooney era lontano, ho forzato ed ho anche fatto il giro pi&ugrave; veloce ma il distacco era troppo. Nella curva prima della sopraelevata mi sono intraversato di brutto rischiando di finire contro il muro e a quel punto mi sono reso conto che era meglio  accontentarsi del secondo posto: non volevo fare dei danni e compromettere la 200 Miglia&raquo;.  Non &egrave; andata molto diversamente nella Sound of Thunder, salvo che Marchetti, partendo una fila pi&ugrave; indietro, ha perso ancora pi&ugrave; tempo per superare i piloti che lo precedevano. Quando &egrave; riuscito ad arrivare in seconda posizione, al terzo giro, Mooney era gi&agrave; irraggiungibile. &laquo;Siamo pi&ugrave; o meno allo stesso livello - &egrave; ancora Marchetti a parlare -la sua moto ha una cilindrata maggiore ma la mia &egrave; molto veloce, i ragazzi del mio team sono americani e sanno bene cosa serve per andare forte qui. Il problema &egrave; stato solo nella posizione di partenza&raquo;.  Un problema che verr&agrave; risolto domani, quando si correranno le altre due gare della BOT e della Sound of Thunder: visti i risultati odierni gli organizzatori hanno deciso di assegnare a Marchetti la seconda fila in entrambe.      LE CLASSIFICHE  BOT: 1. Mooney; 2. Marchetti; 3. Reynolds; 4. Buroker; 5. Ivanoff. SOUND OF THUNDER: 1. Mooney; 2. Marchetti; 3. Ivanoff; 4. Reynolds; 5. Atlason.

Ottimi risultati per l&rsquo;italiano nel primo giorno di gare

Due secondi posti a Daytona per Marchetti

            La Prova              Mondo a parte      &Egrave; senza dubbio aggressiva al punto giusto, la nuova&nbsp;Buell&nbsp;1125 CR: ha un aspetto da caf&eacute; racer, una meccanica da sportiva americana e caratteristiche di guida che la rendono divertente su qualsiasi tipo di strada. Questa nuova versione CR deriva dalla ormai conosciuta 1125 R, che aveva portato una ventata di sportivit&agrave; in Buell. Pochi ma importanti i cambiamenti rispetto alla 1125 R, che essendo una sportiva garantiva una migliore protezione aerodinamica ed aveva una ciclistica un po&rsquo; pi&ugrave; maneggevole. Dato che la 1125 CR doveva essere facile e divertente da usare su strada, rispetto alla cugina pi&ugrave; sportiva &egrave; stata cambiata la posizione di guida. Gli ingegneri americani hanno tolto i semimanubri, sostituiti con un manubrio dalla forma molto particolare, che garantisce un buon controllo del veicolo nell&rsquo;uso al limite; i tecnici europei hanno per&ograve; gi&agrave; pensato a un&rsquo;alternativa meno estrema, ovvero un manubrio con una &ldquo;piega&rdquo; pi&ugrave; tradizionale, che consente di guidare avvertendo un minore carico sui polsi, rendendo la 1125 CR pi&ugrave; confortevole. Questo manubrio sar&agrave; probabilmente disponibile come optional.                          La 1125 CR rappresenta quindi un&rsquo;alternativa alle maxi naked europee e giapponesi e, pur essendo un prodotto stradale al 100%, all&rsquo;occorrenza pu&ograve; anche essere utilizzato in circuito perch&eacute;, come detto, deriva da una sportiva vera. Per questo motivo il nostro test si &egrave; svolto in parte su strada, in parte in pista. Su quest&rsquo;ultimo terreno, pur non essendo il suo habitat naturale, la 1125 CR non se la cava affatto male: le sue eccellenti doti di agilit&agrave; la rendono efficace nelle curve lente e nei cambi di direzione. Nel misto stretto bisogna solo evitare di prendersi troppa confidenza durante la fase d'inserimento in curva, perch&egrave; entrando con i freni tirati si rischia di "perdere" l'avantreno. Nel veloce la situazione cambia radicalmente, in peggio, soprattutto per colpa dell'avantreno, che ha reazioni poco prevedibili e in generale non trasmette una sensazione di sicurezza. Il retrotreno, invece, non va mai in crisi, riesce sempre a garantire tranta trazione e, anche per merito della frizione dotata del sistema anti saltellamento, rimane stabile nelle staccate pi&ugrave; violente.                          Il motore ha nella coppia ai bassi regimi la sua arma migliore. La potenza massima non &egrave; eccezionale ma grazie alla risposta al gas sempre pronta la 1125 CR risulta molto efficace in fase di accelerazione. Inoltre V2 prodotto dalla&nbsp;Rotax non &egrave; difficile da portare al limite perch&egrave; ha un'erogazione piuttosto fluida, priva di brusche entrate in coppia. Sia in pista che su strada conviene tenere sempre l'ago del contagiri sopra quota 4.000 giri. Da questo regime in poi il bicilindrico della1125 CR inizia a spingere in maniera costante fino all'intervento del limitatore, che entra bruscamente in funzione a 11.000 giri. Su strada la nuava Buell trasmette da subito un byuon feeling per merito della sua maneggevolezza, il suo migliore pregio. Il suo peggiore difetto &egrave; invece la taratura eccessivamente rigida dell&rsquo;ammortizzatore, che rende difficoltosa la gestione del veicolo nei tratti dove l&rsquo;asfalto &egrave; sconnesso.                          Avendo avuto la possibilit&agrave; di testare entrambi i manubri, ovvero quello di serie e quello voluto dai tecnici europei, ci siamo resi da subito conto che la moto in versione base &egrave; pi&ugrave; adatta all&rsquo;uso in circuito ma su strada si &egrave; costretti a guidare con il busto troppo inclinato verso l&rsquo;avantreno e gi&agrave; dopo pochi chilometri si iniziano ad avvertire indolenzimenti ai polsi. Con il manubrio caratterizzato da una forma pi&ugrave; tradizionale ci si stanca molto meno e si riesce a gestire meglio la moto nel misto stretto. Il propulsore, che ci aveva favorevolmente impressionato gi&agrave; in pista, su strada risulta ancora pi&ugrave; piacevole da usare: grazie alla sua notevole coppia quando si passeggia non &egrave; necessario utilizzare molto il cambio e anche aumentando il ritmo il cambio &egrave; un componente di cui si potrebbe fare tranquillamente a meno. Il freno anteriore della Buell 1125 CR si trova particolarmente a suo agio in pista, dove, sfruttando tutte le potenzialit&agrave; dell&rsquo;impianto, si ottengono decelerazioni degne di questo nome. Ad essere pignoli manca un filo di modulabilit&agrave; e su strada, per evitare di bloccare il pneumatico anteriore, non bisogna staccare con troppa violenza. Al freno posteriore, invece, servirebbe un po&rsquo; pi&ugrave; di mordente. La nuova Buell 1125 CR &egrave; senza dubbio una voce fuori dal coro, un po&rsquo; per il suo design, un po&rsquo; per le sue caratteristiche tecniche. Nonostante questo &egrave; un prodotto adatto sia all&rsquo;uso stradale che a quello in circuito.                                      La tecnica              C'&egrave; un forcellone 5 mm pi&ugrave; lungo      La nuova Buell 1125 CR &egrave; una parente stretta della pi&ugrave; estrema 1125 R. La CR &egrave; stata pensata per un utilizzo stradale quindi l&rsquo;anteriore &egrave; caratterizzato da un piccolo cupolino, che prende il posto della carena da moto sportiva. Inoltre sulla CR &egrave; stato utilizzato un forcellone cinque millimetri pi&ugrave; lungo di quello della R. La strumentazione &egrave; composta da un contagiri analogico e da un display digitale multifunzione. Da segnalare che sulla CR c&rsquo;&egrave; anche l&rsquo;indicatore della marcia inserita, non presente sulla R. Il telaio in alluminio della nuova naked made in Buell &egrave; realizzato con la tecnologia IRC (Intuitive Response Chassis), l&rsquo;inclinazione del cannotto di sterzo &egrave; di 21-, una scelta molto estrema, che esalta le doti di maneggevolezza della moto, penalizzando per&ograve; la stabilit&agrave;. per&ograve; la stabilit&agrave;. Il bicilindrico a V di 72- dell 1125 CR, realizzato in collaborazione con la Rotax, &egrave; raffreddato a liquido; di radiatori ce ne sono due e sono montati lateralmente.                          Inoltre, per incrementare la rigidit&agrave; del telaio, il perno del forcellone passa all&rsquo;interno dei carter motore. La frizione &egrave; accoppiata a un sistema antisaltellamento. La trasmissione finale &egrave; a cinghia. Le sospensioni, regolabili nel precarico molla, nel freno idraulico in compressione e in quello in estensione, sono prodotte dalla Showa: la forcella ha gli steli rovesciati di 47 millimetri di diametro; l&rsquo;ammortizzatore &egrave; collegato al forcellone senza l&rsquo;ausilio di leveraggi. L&rsquo;impianto frenante anteriore &egrave; di tipo periferico (ZTL): una pinza a otto pistoncini e quattro pastiglie lavora con un disco flottante in acciaio inossidabile di 375 millimetri di diametro; al posteriore c&rsquo;&egrave; una pinza a due pistoncini e un disco in acciaio inossidabile di 240 millimetri di diametro. I cerchi a sei razze sono in lega l&rsquo;alluminio: quello anteriore ha un canale di 3.5&rdquo;, quello posteriore ha invece un canale di 5.5&rdquo;. I pneumatici di primo equipaggiamento sono i Pirelli Diablo Corsa III.                  Scheda tecnica                      Motore        Bicilindrico Helicon a V di 72 -, quattro tempi, raffreddato a liquido. Cilindrata 1.125 cm3. Alesaggio e corsa 103 mm x 67,5 mm. Rapporto di compressione 12,3:1. Distribuzione DOHC, quattro valvole per cilindro. Alimentazione a iniezione elettronica con corpi farfallati di 61 mm &Oslash;. Accensione elettronica. Lubrificazione forzata a carter umido. Avviamento elettrico.                    Trasmissione        Primaria a ingranaggi, finale a cinghia. Frizione multidisco in bagno d&rsquo;olio con sistema antisaltellamento. Cambio a sei rapporti.                    Ciclistica        Telaio a doppio trave in alluminio che funge da serbatoio del carburante. Sospensioni: anteriore forcella Showa pluriregolabile a steli rovesciati di 47 mm &Oslash;, corsa ruota 120 mm; posteriore un ammortizzatore Showa pluriregolabile, corsa ruota 127 mm. Freni: anteriore ZTL con un disco di 375 mm &Oslash;, pinza a otto pistoncini e quattro pastiglie; posteriore un disco di 245 mm &Oslash;, pinza a due pistoncini. Pneumatici: anteriore 120/ 70- ZR 17&rdquo;; posteriore                    Motore        Interasse 1.385 mm, lunghezza 2.066 mm, altezza sella 778 mm. Capacit&agrave; del serbatoio carburante 20,1 litri.            

Ha tanta coppia ed &egrave; molto maneggevole. Poco sabile nel veloce

Prova Novit&agrave; - Buell 1125 CR

  Continua il momento no per le aziende motociclistiche. A fronte della crisi economica mondiale sono diverse le Case in difficolt&agrave;. Harley-Davidson ha chiusi Buell e messo in vendita la MV Agusta, in Spagna la fabbrica della Montesa ha perso la produzione delle moto Honda (che sar&agrave; trasferita in Italia, ad Atessa), mentre in Italia Husqvarna e Moto Guzzi non se la passano bene. Nella prima c&rsquo;&egrave; stata una manifestazione dei dipendenti per via dei 50 cassaintegrati, mentre nella seconda ci sono tutt&rsquo;ora trattative sindacali in corso.   Il luned&igrave; dopo le vittorie in MotoGP e Superbike, invece, la Yamaha Italia ha comunicato il licenziamento di 47 dei 50 dipendenti degli stabilimenti di Gerno di Lesmo, dove vengono costruite le T&eacute;n&eacute;r&eacute; e le MT03, la cui produzione sar&agrave; trasferita in Spagna.

Anche in Yamaha non va molto bene. Licenziati 47 dipendenti

Un anno difficile per le moto

  L&rsquo;Harley-Davidson chiude la Buell, di cui &egrave; proprietaria. La notizia &egrave; stata ufficializzata da un comunicato della Casa di Milwaukee, e anche da Erik Buell stesso.      &laquo;Siamo un piccolo team del Wisconsin e abbiamo costruito miracolose moto sportive fin dal 1983 - ha dichiarato Buell, visibilmente dispiaciuto, in un filmato on line sul sito della Buell -. &Egrave; un momento molto emozionante per me perch&eacute; devo annunciare che la decisione &egrave; gi&agrave; stata presa: non produrremo pi&ugrave; moto Buell. &Egrave; stato duro dover discutere una scelta che mi ha lasciato molto sorpreso&raquo;.  Buell ha ricordato che la Harley-Davidson si occuper&agrave; della fornitura dei ricambi, ed ha consigliato gli appassionati di acquistare le ultime moto Buell ancora presso i concessionari. Tra queste, le 1125 R e CR e tutta la serie delle XB12S e XB9S.  La chiusura &egrave; stata decisa perch&eacute; la Harley-Davidson ha scelto di concentrare tutte le sue energie sul marchio principale.

Stop all'azienda. La dichiarazione di Erik Buell

Buell, si chiude

      MV Agusta in vendita, poco pi&ugrave; di un anno dopo essere stata acquistata dalla Harley-Davidson.L&rsquo;annuncio &egrave; stato dato direttamente dalla Casa di Milwaukee, con un comunicato nel quale viene anche annunciata l&rsquo;intenzione di chiudere la Buell: l&rsquo;intenzione degli americani &egrave; di concentrare tutti gli sforzi su un unico marchio, che naturalmente &egrave; Harley-Davidson.  Per quanto riguarda la MV un compratore ancora non c&rsquo;&egrave; ma la Harley si sta dando fare per trovarlo.      &laquo;Il nostro obiettivo nell&rsquo;acquisire MV Agusta lo scorso anno era ampliare la nostra presenza in Europa - ha dichiarato Matt Levatich, presidente di Harley-Davidson Motor Company - e questo &egrave; stato un riconoscimento del valore di MV Agusta. Bench&eacute; la crescita in Europa e in altri mercati globali rimanga molto importante, crediamo che focalizzarci solo sul marchio Harley-Davidson sia la miglior soluzione per la crescita. Non &egrave; stata una facile decisione. MV Agusta &egrave; una grande azienda con un forte marchio e un&rsquo;importante storia, eccellenti prodotti e un team appassionato che in questi 14 mesi ha conseguito ottimi risultati&raquo;. Ma evidentemente, considerati non sufficienti al raggiungimento degli obiettivi.

Harley-Davidson cede l'azienda e chiude la Buell

La MV Agusta &egrave; in vendita

  Quando una moto nasce per amore ne scaturisce un oggetto con un&rsquo;anima propria, non semplice meccanica. E per vari motivi alla Benelli questa &egrave; la realt&agrave;. Non &egrave; un segreto, l&rsquo;azienda di Pesaro &egrave; molto piccola e i volumi di vendita non sono nemmeno paragonabili a quelli della concorrenza giapponese o anche a quella di casa. Ma forse &egrave; proprio questo che fa la differenza: di Benelli ce ne sono poche in giro quindi ogni moto e ogni cliente godono di un&rsquo;attenzione particolare e molto personale. Nello stesso posto, dalle stesse mani, ora nasce la Tre 899 K.  Il nome suona familiare perch&eacute; in commercio c&rsquo;&egrave; gi&agrave; la sorella maggiore, la Tre 1130 K; la 899 viene ad ampliare la gamma e soddisfare quelli che preferiscono qualcosina di meno in termini di potenza per godere pi&ugrave; tranquillamente il viaggio, anche se alla fine questa Tre 899 K qualcosa di sportivo nel DNA lo conserva e ha un modo tutto suo di interpretare il turismo. Viene proposta in due colorazioni, il tradizionale verde/grigio Benelli oppure in nero. Esteticamente non si nota nessuna differenza rispetto alla 1130, a parte l&rsquo;adesivo 899 sulla carena che dichiara la cilindrata, oltre ovviamente alla diversa colorazione.  Evidente la cura nei dettagli, ma rimangono alcuni punti da migliorare come i fili elettrici a vista attorno al propulsore, o il motorino di avviamento poco coperto. E ad essere pignoli alcuni pezzi di plastica hanno il segno della fusione attorno ai bordi. Ma per il resto la moto si presenta bene. L&rsquo;impostazione in sella &egrave; comoda, il manubrio &egrave; basso e tutto &egrave; al posto giusto, la silhouette &egrave; stretta e il serbatoio non allarga le gambe nella zona centrale nonostante la grande capienza.  Sarebbe apprezzabile una sella con imbottitura pi&ugrave; generosa visto che si tratta di una moto da turismo, sulla quale dunque passare seduti molte ore. Utenti pi&ugrave; alti della media troveranno ridotta la distanza tra sella e manubrio, ma non &egrave; nulla che intacchi il piacere della guida. La protezione aerodinamica &egrave; buona e per assecondare i vari gusti e stature &egrave; possibile variare l&rsquo;inclinazione e l&rsquo;altezza del&rsquo;intero cupolino. La strumentazione &egrave; ben leggibile, composta da contagiri e termometro analogici, mentre il tachimetro e numerose altre funzioni sono visualizzati in uno schermo digitale, un po&rsquo; piccolo, per cui la lettura durante la guida non &egrave; troppo agevole.  Quello che colpisce della Benelli &egrave; il rombo prodotto dall&rsquo;unico silenziatore posto sotto il codone, il suono inconfondibile del motore a tre cilindri; qualcosa che fa innamorare di pi&ugrave; quando si spalanca l&rsquo;acceleratore nelle marce alte e allo spettacolo musicale si aggiunge il suono proveniente dai condotti di aspirazione. Secondo la Benelli la 899 &egrave; nata dall&rsquo;esigenza di ampliare la gamma con un modello che avesse meno cavalli della 1130, ma dopo i primi metri ci si accorge che i cavalli restano parecchi, ma sono sicuramente pi&ugrave; facili da domare. Ne vengono dichiarati 106, contro i 125 della pi&ugrave; grossa.  La Tre 899 K &egrave; molto veloce in accelerazione, grazie a un buon tiro ai bassi regimi e a una curva di potenza molto vigorosa. L&rsquo;allungo c&rsquo;&egrave; ma conviene non insistere nelle marce e passare al rapporto successivo, perch&eacute; dagli 8.000 giri il motore sale meno velocemente. Il meglio &egrave; tra 4.000 e 7.000 giri perch&eacute; si pu&ograve; godere di un&rsquo;ottima &ldquo;schiena&rdquo;, caratteristica che in un impiego turistico permette di usare le marce lunghe senza perdere in ripresa, anche se si scende a 2.500 giri. &Egrave; un motore piacevole da usare, con l&rsquo;unico neo dell&rsquo;effetto on-off nei primi rapporti tra i 3.000 e i 5.000 giri; per il resto, anche le vibrazioni sono minime, si avvertono soltanto nella zona delle pedane ma non sono rilevanti.  Il reparto sviluppo della Casa pesarese ha fatto un buon lavoro nella ricerca dell&rsquo;equilibrio tra stabilit&agrave; e guidabilit&agrave;. Nel misto pi&ugrave; lento si sente il baricentro abbastanza alto, che a ritmi pi&ugrave; elevati richiede una guida abbastanza fisica, ma anche nelle marce alte, ad acceleratore spalancato, la moto continua a rimanere ben piantata sull&rsquo;asfalto, caratteristica che si apprezza in modo particolare quando si vanno a cercare le frenate al limite. L&rsquo;impianto freni della Tre 899 K &egrave; di primissima scelta e garantisce un&rsquo;ottima prestazione, in fatto di potenza &egrave; vicino ai livelli delle moto sportive ed &egrave; buona anche la progressione, la sua prontezza per&ograve; richiede un po&rsquo; di assuefazione.  Tutto questo, d&rsquo;altro canto, garantisce un elevato livello di sicurezza anche quando si va a spingere o si viaggia a moto carica e con passeggero a bordo. Un0altra sfumatura del DNA sportivo emerge nelle sospensioni: sia la forcella che l&rsquo;ammortizzatore hanno una taratura piuttosto frenata in compressione e in estensione, al posteriore c&rsquo;&egrave; per&ograve; la possibilit&agrave; di intervenire sul registro del freno idraulico in estensione e trovare un assetto migliore e pi&ugrave; confortevole.      Dati dichiarati        Prezzo: 9.990 Euro f.c. Potenza: 106 CV (78 kW) a 10.000 giri/minuto Coppia: 7,65 kgm (75 Nm) a 5.000 giri/minuto Peso a secco: 215 kg Colori: verde/argento, nero      Guarda le foto  

Ammorbidita rispetto alla 1130. Ma conserva un bel caratterino...

Benelli Tre 988 K: TreKking

L&rsquo;altra faccia delle Buell, quella sportiva. Semicarenata per la pista, seminuda per la strada 

Buell 1125 R e 1125 CR

      Castrezzato - Jeremy Mc Williams ha alle spalle 12 anni di Motomondiale, una vittoria e diversi podi: la sua collaborazione allo sviluppo di una tranquilla Buell potrebbe sembrare uno spreco. Ma le cose non stanno cos&igrave;: le Buell pi&ugrave; sportive sono due - la semicarenata 1125 R e la seminuda 1125 CR, pi&ugrave; stradale - e non sono equipaggiate col tradizionale, pacifico bicilindrico a V di 45- Harley-Davidson, ma sfruttano il nuovo motore Helicon dalle caratteristiche piut tosto racing, prodotto dalla Rotax.  &Egrave; un capitolo diverso questo, non sono proprio le solite moto da passeggio, ricche di coppia e restie a far salire il contagiri. Anzi&hellip; Sulla 1125 R la posizione di guida &egrave; da vera sportiva, con semimanubri bassi ma non estremi, e piuttosto larghi. La sella &egrave; accogliente ma &ldquo;tonica&rdquo; per non far sprofondare il conducente, cosa che risulterebbe sfavorevole nella guida sportiva. Le pedane sono abbastanza alte ed arretrate, per consentire di viaggiare senza posture innaturali ed accucciati sotto al cupolino. Lo si potrebbe definire &ldquo;cupolone&rdquo;, viste le dimensioni, ma se esteticamente lascia il tempo che trova, ha dalla sua parte la protettivit&agrave;: quando si &egrave; &ldquo;in carena&rdquo; sembra di essere fermi anche ad alta velocit&agrave;, e non arriva un filo d&rsquo;aria.  All&rsquo;avviamento del motore &egrave; strano non sentire il pulsare tipico delle Buell: l&rsquo;Helicon sale e scende di giri assai rapidamente, facendo vibrare parecchio le pedane. La 1125 R ha pi&ugrave; voglia di correre che di andare a passeggio. All&rsquo;apertura del gas la risposta &egrave; pronta e tenendo aperta la manetta si gode di una gran spinta di coppia e di un ottimo allungo. Addirittura l&rsquo;intervento del limitatore arriva a guastare il distendersi del motore: sembra tagliare l&rsquo;allungo (a 10.500 giri) troppo presto, rinunciando ad altri 500 giri che paiono sfruttabilissimi. Il cambio ha innesti fluidi e marce ben spaziate.  Sulle prime il comando freno al manubrio appare un po&rsquo; cedevole, ma anche con l&rsquo;andare dei giri la leva non perde il registro. Inserendo la moto in traiettoria con il freno anteriore pinzato si incontra una certa resistenza, perch&eacute; il particolarissimo disco freno tangenziale crea un effetto auto-raddrizzante abbastanza pronunciato, se lo si &ldquo;pela&rdquo; in curva. Dunque conviene anticipare il termine della frenata. Cos&igrave; facendo la 1125 R &egrave; ben pi&ugrave; propensa a correre svelta alla corda, e sfodera un&rsquo;ottima maneggevolezza a bassa velocit&agrave; e nelle varianti strette. Ben tarata la frizione antisaltellamento, grazie alla quale risulta facile far &ldquo;pendolare&rdquo; il retrotreno in frenata. Per contro, nelle staccatone all&rsquo;ultimo metro &egrave; meglio non esagerare, in quanto la ruota posteriore tende a sollevarsi. Ottima invece la trazione in uscita di curva, frangente nel quale, anche aprendo la manetta con decisione, si gode di una notevole regolarit&agrave; nello scaricare la potenza a terra.  Diverso il comportamento dell&rsquo;avantreno: sempre molto preciso, trasmette fiducia, &egrave; scevro da sbavature o perdite di aderenza. &Egrave; il suo pregio ed &egrave; anche il suo limite, perch&eacute; non avvisa e c&rsquo;&egrave; il rischio di avvertire che si &egrave; arrivati sul confine del grip quando ormai &egrave; troppo tardi. Comunque, in sintesi la 1125 R &egrave; molto piacevole, una vera sportiva, capace di far divertire tra i cordoli di una pista tortuosa. PER LE STRADEvere e proprie invece c&rsquo;&egrave; la 1125 CR, la naked cattiva della gamma Buell, che tecnicamente differisce poco dalla sorella carenata ma regala sensazioni completamente diverse. Intanto, con il manubrio alto e senza il cupolone, la moto si fa sentire pi&ugrave; corta e permette di percepire l&rsquo;interasse ridotto che caratterizza i modelli del marchio americano.  Se poi si impugna il manubrio &ldquo;largo&rdquo; offerto come optional, la ruota anteriore sembra sparire e pare di averla tra le ginocchia. Si sta abbastanza eretti, sentendo i piedi un po&rsquo; arretrati. Questo in compenso aiuta nella guida, quando c&rsquo;&egrave; bisogno di spingere sulle pedane &ndash; che anche qui vibrano parecchio &ndash; mentre si danza tra i cordoli. E danzare &egrave; il termine giusto perch&eacute; con il manubrio alto, la 1125 CR si lascia mettere proprio dove si vuole. Rispetto alla carenata, la mappatura pi&ugrave; dolce del motore permette maggiori confidenze nello smanettare e spesso anche di tenere una marcia in pi&ugrave;, e si usa meno il cambio. Senza carena e con questa posizione di guida, la 1125 in versione naked diviene un giocattolone, col quale &ndash; in circuito &ndash; divertirsi in lunghe impennate e staccate col retrotreno a spazzolare l&rsquo;asfalto: pur avendo un forcellone pi&ugrave; lungo della R non perde in maneggevolezza. L&rsquo;impianto frenante, invariato rispetto alla carenata, rimane di buona qualit&agrave; e garantisce il medesimo comportamento e le medesime sensazioni della versione sportiva; &egrave; invece inferiore la tendenza a sollevare la ruota posteriore se si frena forte. In conclusione, la 1125 CR non d&agrave; affatto l&rsquo;impressione di avere tra le mani una over 1000, a meno di spalancare repentinamente il gas: i cavalli (dichiarati) sono sempre 146 e anche se pi&ugrave; docili, si sentono tutti. Per cui, in strada, occhio...      Dati dichiarati        Prezzi: 13.395 euro c.m. la R; 12.395 euro c.m. la CRPotenza: 148 CV a 9.800 giri/minutoCoppia: 11,3 kgm a 8.000 giri/minutoPeso a secco:&nbsp; 170 kgColori: rosso, nero; la R anche bianco      Guarda le foto  

L&rsquo;altra faccia delle Buell, quella sportiva. Semicarenata e... "seminuda"

Buell CityX XB9SX Black

      Buell da sempre costruisce moto d&rsquo;&eacute;lite, che per impostazione e prezzo non sono destinate al grande pubblico, ma in tempo di crisi il marchio statunitense ha deciso di rilanciare la parte bassa (si fa per dire) della sua gamma con la strategia &ldquo;Total Black&rdquo;. La CityX XB9SX viene proposta con un&rsquo;inedita livrea che prevede una verniciatura a polvere nera. In questa versione il prezzo scende a 8.995 euro contro i 9.395 euro richiesti per i modelli a colorazione &ldquo;normale&rdquo; (rosso scuro e blu). La stessa strategia grafica associata al medesimo risparmio economico si ritrova anche sui modelli XB12Ss e XB12Scg. In tutti i casi si tratta di operazioni puramente estetiche, che lasciano invariata la dotazione tecnica.  La Lightning CityX XB9SX Black (questo il nome completo della versione dark) &egrave; una naked aggressiva concepita per l&rsquo;uso in citt&agrave; e nei tragitti extraurbani ricchi di curve. Tra i suoi punti di forza l&rsquo;estetica personale e allo stesso tempo aggressiva, capace di catturare l&rsquo;attenzione. Corta e muscolosa, come ogni naked che si rispetti mette in risalto le parti meccaniche: &egrave; spinta dal bicilindrico a V Harley-Davidson due valvole, mentre la ciclistica &egrave; incentrata su un moderno telaio a struttura perimetrale in alluminio, cos&igrave; che si viene a creare un curioso abbinamento hot &amp; cold. Ridotta al minimo la carrozzeria: codone minimalista, serbatoio largo e gruppo ottico anteriore sdoppiato, a cui si aggiungono come parziale ornamento un rastremato cupolino, ampi paramani e protezioni laterali a saponetta per il telaio.  Osservando la moto nei dettagli si vedono finiture di alto livello, e lo stesso si pu&ograve; dire per l&rsquo;equipaggiamento di serie, soprattutto considerando il prezzo d&rsquo;acquisto relativamente contenuto. Se sul cavalletto la moto soddisfa, &egrave; in movimento che arrivano le maggiori gratificazioni. La XB9SX ispira immediatamente confidenza. Bassa, sufficientemente leggera ed esageratamente corta, si distingue per la maneggevolezza nello stretto. Il propulsore di elevata cubatura, che dovrebbe avere un effetto giroscopico sensibile, non influenza minimamente la manovrabilit&agrave;. Grazie al largo manubrio si ha sempre una piacevole sensazione di controllo e la guida ne trae beneficio in ogni condizione. Quando la velocit&agrave; si alza, la XB9SX si mantiene sincera e precisa.  Lo sterzo &egrave; solido e le sospensioni sono correttamente tarate, ottimo compromesso tra comfort nella marcia a passeggio e controllo nella guida sportiva. Passando alla voce freni, l&rsquo;originale disco perimetrale anteriore, pur senza esaltare in termini di potenza frenante, offre una buona modulabilit&agrave;. Il posteriore ha poco mordente, compensato per&ograve; da un freno motore sempre presente ma mai fastidioso.  Sempre in tema di propulsore si apprezza l&rsquo;estrema dolcezza del bicilindrico a V. I valori di potenza e coppia sono interessanti, ma difficilmente imbarazzano chi &egrave; in sella. Sono 82 cavalli a 7.500 giri, sufficienti per divertirsi ma non difficili da controllare, tanto pi&ugrave; che &egrave; un motore la cui forza &egrave; nel tiro pi&ugrave; che nelle prestazioni estreme: dalle curve viene sempre fuori onorevolmente, anche se si &egrave; tenuta una marcia un po&rsquo; lunga. La salita di regime &egrave; diluita dall&rsquo;effetto volano e dalla rapportatura lunga delle prime marce, per cui la moto prende velocit&agrave; in modo progressivo e senza strappi.  L&rsquo;unica accortezza da tenere riguarda l&rsquo;apertura del comando del gas ai regimi pi&ugrave; bassi: deve avvenire in modo graduale, pena fastidiosi vuoti. Avvertibili ma accettabilissime le vibrazioni, mentre rimanendo in termini di comfort, per una naked &egrave; un fatto scontato la ridotta protezione aerodinamica.  La XB9SX &egrave; spinta da un propulsore Harley due valvole, bicilindrico longitudinale a V di 45- raffreddato ad aria, alimentato ad iniezione. La trasmissione impiega un cambio a cinque rapporti e prevede la finale a cinghia. Il comparto ciclistico &egrave; incentrato su di un telaio perimetrale in alluminio all&rsquo;interno del quale &egrave; ricavato il serbatoio del carburante. Showa le sospensioni, entrambe pluriregolabili: forcella a steli rovesciati di 43 mm &Oslash; e un unico ammortizzatore con serbatoio separato.      Radicali le quote ciclistiche: l&rsquo;angolo di sterzo &egrave; di soli 21-, accoppiato a un interasse di 1.320 mm. Contenuto anche il peso, 177 kg a secco, soprattutto in relazione alla cilindrata di quasi 1.000 cm&sup3;. Molto originale l&rsquo;impianto frenante anteriore: un disco perimetrale - cio&egrave; fissato nella parte esterna invece che internamente, come avviene di solito - di 375 mm &Oslash;, con una pinza a sei pistoncini. Dietro invece c&rsquo;&egrave; un disco di 240 mm &Oslash; con pinza a singolo pistoncino.  &nbsp;      Dati dichiarati        Prezzo: 8.995 euro chiavi in manoPotenza: 82 CV a 7.500 giri/minutoCoppia: 8,05 kgm a 4.500 giri/minutoPeso a secco: 177 kgColori: nero&nbsp;      Guarda le foto  

Corta, muscolosa, unica nel suo genere. Costa 8.995 euro

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